Guida in stato di ebbrezza: come ci si può difendere nel processo penale?

A volte accade che la Procura della Repubblica chieda l’emissione di un decreto penale di condanna con cui viene applicata una sanzione (penale) pecuniaria dal Giudice per le Indagini preliminari. Questo provvedimento può essere impugnato con una opposizione nel breve termine di 15 giorni: in questi casi si raccomanda di contattare un avvocato urgentemente affinché abbia i tempi tecnici per valutare la difesa più opportuna.

Non è raro che il Pubblico Ministero decida invece di procedere con le vie ordinarie notificando il c.d. avviso di conclusione delle indagini preliminari (o avviso di garanzia). In questa fase l’indagato e il suo legale potranno finalmente avere una piena conoscenza degli atti processuali e potranno fare tutte le valutazioni difensive. Così, per la prima volta si potrà ad esempio valutare se la persona sottoposta ad indagini sia stata correttamente informata dei propri diritti di difesa al momento dell’accertamento e se l’alcoltest o gli esami tossicologici siano stati effettuati con le forme prescritte dalla legge.

Nelle fasi successive le scelte difensive ruotano intorno ai principali istituti che si richiamano brevemente:

  1. la messa alla prova: consente all’imputato di evitare il processo. In particolare comporta alcuni colloqui dell’imputato con gli assistenti sociali dell’UEPE e lo svolgimento di un periodo di lavori socialmente utili. Il vantaggio più evidente è quello di ottenere una sentenza di proscioglimento: si tratta dunque di un istituto completamente diverso dal patteggiamento; inoltre è una via percorribile anche nei casi di guida in stato di ebbrezza o alterazione aggravate dall’aver provocato un sinistro. Si noti tuttavia che anche la sentenza di proscioglimento per messa alla prova viene annotata nel certificato penale (ad uso giustizia, non in quello richiesto dai privati) e configura un beneficio a cui si può accedere una sola volta nella vita. Inoltre non ha aspetti premiali in relazione alle sanzioni amministrative: all’esito del processo penale il Giudice dovrà trasmettere gli atti alla Prefettura che, a seconda del caso per cui si procede, potrà applicare la sospensione residua della patente (rispetto al periodo cautelare già applicato dopo il ritiro della patente) e la confisca del veicolo;

  2. il patteggiamento: detto più correttamente applicazione della pena su richiesta delle parti è un rito alternativo a quello ordinario che consiste in un accordo fra la difesa ed il Pubblico Ministero sulla determinazione della sanzione penale. Il Giudice ha l’ultima parola e può decidere se accogliere o rigettare l’istanza delle parti, ma non può in nessun caso modificare la durata della sanzione penale (arresto e ammenda); mantiene tuttavia la piena discrezionalità sulla durata della sanzione amministrativa (sospensione della patente). Normalmente è un istituto a cui si ricorre nei casi non “aggravati dall’incidente” perché consente di evitare brutte sorprese sulla quantità della sanzione penale (che peraltro viene ridotta fino ad un terzo). Consente poi di convertire la pena in lavori di pubblica utilità ed ottenere quindi ulteriori benefici sul piano amministrativo. Si potrà così ottenere la riduzione della metà della sospensione della patente e la non applicabilità della confisca al veicolo (che viene restituito).

    Si noti che il patteggiamento è equiparabile ad una sentenza di condanna. Inoltre, come abbiamo visto, il Giudice non è vincolato nell’applicazione della durata della sanzione amministrativa, ma solo di quella penale: se è vero che con i lavori di pubblica utilità si ottiene una riduzione della metà della sospensione della patente, prima della lettura della sentenza non è possibile sapere quale sarà il punto di partenza applicato dal Giudice;

  3. il rito abbreviato: è un rito alternativo a quello ordinario che consente di evitare l’istruttoria dibattimentale ed ottenere una riduzione della metà della sanzione penale (nel solo caso di contravvenzioni e non di delitti, per i quali è prevista una riduzione di un terzo). È un istituto che si utilizza spesso per ottenere una forte riduzione della sanzione penale e che in caso di condanna per i reati in commento consente la conversione in lavori di pubblica utilità (se ne ricorrono i presupposti e, ad esempio, non è contestata l’aggravante “dell’incidente”). Altro vantaggio è che l’eventuale sentenza di condanna può essere appellata (a differenza della sentenza di patteggiamento che può essere solo oggetto di ricorso per Cassazione). Inoltre, nel caso in cui si rinunci all’appello è prevista un’ulteriore riduzione di un sesto della pena applicata;

  4. il rito ordinario: si tratta del processo vero e proprio. Normalmente si predilige questa via quando devono essere contestati i risultati degli accertamenti tossicologici o la dinamica dei fatti indicando, se del caso, i testimoni presenti ai fatti o un consulente tecnico. Questa opzione viene normalmente consigliata laddove vi siano elementi difensivi concreti di merito idonei ad ottenere una sentenza di assoluzione, come ad esempio il malfunzionamento di un alcoltest. La sentenza di assoluzione, ovviamente, consente di evitare ogni conseguenza penale o amministrativa.

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